L’omicidio di Pasolini: nuovo Dna individuato sul maglione di Pelosi



A distanza di quarantuno anni dall’omicidio, la Procura torna a indagare sulla morte di Pier Paolo Pasolini, lo scrittore ucciso all’Idroscalo di Ostia in un agguato tra l’1 e il 2 novembre del 1975. L’inchiesta è affidata al pubblico ministero Francesco Minisci, che procede per l’accusa di omicidio volontario.

A fornire una chiave di volta per risolvere il giallo, potrebbe essere l’individuazione di una nuova traccia di Dna, rimasta sulla maglia indossata la notte della tragedia da Giuseppe Pelosi, detto Pino la Rana, 58 anni, l’unico condannato fino a oggi per la morte dello scrittore. La scoperta è della genetista forense Marina Baldi, consulente di Guido Mazzon, cugino dell’autore di «Petrolio», dal cui esposto firmato dall’avvocato Stefano Maccioni, è partita l’indagine. 

Un test del Dna sull’indumento - conservato nel museo di criminologia - indossato da Pelosi è la principale soluzione investigativa al vaglio della procura per fare finalmente chiarezza su cosa accadde quella sera. Qualora l’inchiesta accertasse la fondatezza del rinvenimento, allora si potrebbe arrivare a riscrivere da zero la storia del delitto Pasolini e il motivo è presto detto. Il presupposto è che il codice genetico, infatti, non sia nè di Pelosi, né di Pasolini. Questo significherebbe che l’intellettuale, romano di adozione, non fu ucciso solo da Pino la Rana e che insieme all’allora diciasettenne Pelosi in quella tragica notte c’era almeno un’altra persona.

La circostanza, sempre ventilata, non è mai assurta a certezza giudiziaria. Il cuore dell’iniziativa del cugino di Pasolini ruota intorno alle conclusioni di Baldi, biologa voluta dal legale di Mazzon, Maccioni. La genetista parte dallo studio di una relazione dei carabinieri del Ris, che in passato avevano analizzato una maglia di lana a maniche lunghe portata da Pelosi la notte dell’aggressione. Come osserva la biologa dalla rilettura dell’atto dal reparto dell’Arma, sopra l’indumento c’erano due codici genetici, di cui uno determinate perché è un profilo singolo, estrapolato da una traccia verosimilmente ematica, appartenente a una sola persona chiamata «3° soggetto ignoto».

L’altro Dna, invece, secondo l’esperta sarebbe inutilizzabile poiché è un misto di sostanze, dove l’unica certezza è il codice genetico di Pasolini. Pertanto, almeno secondo l’esposto presentato al Palazzo di giustizia dal legale, il caso potrebbe essere a un passo dalla soluzione perché attraverso i nuovi metodi scientifici suggeriti dalla Baldi – per esempio la Next Generation Sequencing - anche attraverso un Dna sconosciuto si possono sapere tutte le peculiarità fisionomiche di un individuo.

In sostanza si potrebbe disegnare il ritratto di una persona. A maggio del 2015 la precedente inchiesta fu archiviata perché, secondo il giudicee per l’udienza preliminare, non sarebbe stato possibile stabilire se le tracce di Dna erano databili. Da allora sono trascorsi 18 mesi e la scienza potrebbe aver fatto quei passi da gigante necessari a riuscire finalmente a scoprire la verità su quella drammatica notte.

Fonte: il Corriere della Sera