Consulenze esplicative per diagnosi genetica preimpianto e prenatale



Quando una coppia desiderosa di avere un figlio deve sottoporsi alla fecondazione assistita, lo sforzo fisico e psicologico, soprattutto per l’aspirante mamma, è notevole. Per questo motivo è auspicabile ottimizzare al massimo la possibilità di successo.

Una valida alleata, in tal senso, è la diagnosi preimpianto (PGD): dopo circa tre giorni dalla fecondazione dell’ovulo, vengono prelevate una o due cellule e se ne analizza il Dna. In tal modo è possibile fin fa subito fare una selezione e andare a impiantare nell’utero materno solo quegli embrioni che risultino sani, quindi con ottime probabilità di vita. È un tipo di diagnosi molto importante per quelle coppie che già sanno di essere portatrici di una malattia genetica ereditaria, come ad esempio la fibrosi cistica, per evitare di mettere al mondo bimbi affetti da questa terribile malattia.

Ma ci sono molti altri casi in cui è consigliabile questo tipo di intervento: la consulenza genetica è lo strumento fondamentale per farsi seguire in questo iter, dalla scelta di sottoporsi alla diagnosi fino alla discussione dei risultati ottenuti.

Stesso discorso vale per la diagnosi prenatale, villocentesi o amniocentesi, che consente di identificare eventuali anomalie genetiche già entro le prime 10-16 settimane di gravidanza. In questi casi, però, si tratta di diagnosi invasive, che hanno un seppur minimo rischio per il feto.

Negli ultimi anni è stato messo a punto anche un esame prenatale non invasivo (NIPT), che attraverso un semplice prelievo di sangue alla futura madre a partire dalla decima settimana di gestazione riesce a isolare il DNA fetale libero e a dare un risultato vicino alla certezza.