DA MILANO UN NUOVO PROMETTENTE STUDIO SULL’ALZHEIMER



Cellule del cervello 'coltivate' in un chip per capire come impazzisce la comunicazione fra di esse in caso di malattie neurodegenerative come l'Alzheimer. E' quanto stanno facendo i ricercatori guidati da Michela Matteoli, direttrice del laboratorio di 'Biologia cellulare della sinapsi' dell'universita' di Milano, in collaborazione con l'Ibm e l'impresa spin-off NeuroZone. Se si potesse 'ascoltare' quello che accade nel cervello, sentiremmo un continuo chiacchiericcio tra i neuroni che si scambiano informazioni lungo la fitta rete di collegamenti che li unisce. Su questa comunicazione possono intervenire anche le altre cellule del cervello, ossia gli astrociti e le cellule della microglia, che fino a poco tempo fa si pensava fossero 'mute'. Quando nel cervello si accumulano sostanze pericolose, come la proteina beta-amiloide che causa l'Alzheimer, questa comunicazione 'impazzisce': si scatena l'infiammazione e di conseguenza questo puo' aumentare il danno ai neuroni. Per capire come il processo porti alla malattia, l'equipe di Michela Matteoli ha creato ''un dispositivo - spiega l'esperta - che permette di separare i diversi tipi cellulari in micro-camere grandi pochi millimetri e collegate da piccoli canali che permettono di tenere sotto controllo il flusso della comunicazione''. Finora sono stati creati dei 'bilocali' per cellule, dispositivi a due camere adagiati su chip fatti di polimero PDMS, che in futuro potranno essere resi piu' complessi e dotati di una componente elettronica per facilitare l''ascolto' delle cellule. Intanto i primi esperimenti sono gia' partiti. ''In una camera coltiviamo i neuroni - precisa Matteoli - e nell'altra deponiamo astrociti o microglia prelevati da varie aree del cervello. Poi applichiamo la proteina beta-amiloide prima in una camera e poi nell'altra e osserviamo cosa accade alle cellule usando tecniche morfologiche, elettrofiosiologiche e di imaging''. I dispositivi, chiamati 'Brain Chip', potranno essere usati in futuro anche per testare nuovi farmaci, riducendo tempi e costi della ricerca. (www.sanitanews.it)