Garlasco, l’analisi tecnica di un giallo pieno di dubbi
Grazie
all’intervista rilasciata a Cronaca&Dossier sul giallo di Garlasco è possibile
ancora porre dubbi sui vari punti che lo caratterizzano.
Un anno fa
l’intervista alla genetista forense Dottoressa Marina Baldi, biologa,
specialista in Genetica Medica e Genetica forense, con esperienza decennale nel
campo criminologico. Il giallo di Garlasco ieri, prima della sentenza di
condanna per Alberto Stasi, ma tanti dubbi ancora restano.
Dai campioni
analizzati dai periti si evince l’individuazione di profili misti sulla
superficie delle unghie della vittima. Per fare chiarezza con i nostri lettori
anche in merito al caso di Garlasco, vogliamo spiegare cosa si intende per
profilo misto?
«Si parla di profilo misto quando più persone contribuiscono
con il proprio DNA, depositandolo nella medesima traccia. L’interpretazione di
una mistura di DNA è una delle cose più difficili in Genetica forense, perché
ovviamente bisogna fare dei calcoli probabilistici per capire quanto un dato DNA
sia presente in quel campione».
Tutto ciò come si traduce tecnicamente?
«Vuol dire fare una serie di estrapolazioni, di tipo genetico-statistiche
per capire quanti sono i contributori»
Diversi marcatori [sequenza di
DNA, ndr] individuati apparterrebbero a Stasi. Cosa ne pensa di questo aspetto
del giallo di Garlasco considerando la Sua ampia esperienza in ambito
genetico-forense?
«Sulla questione dei marcatori riferiti a Stasi ho visto le
famose tabelle pubblicate da un noto settimanale e ci sono differenze delle
quali credo sia bene parlare. L’analisi che le tabelle mostrano riguardano solo
il cromosoma Y. In uno di quei campioni c’è un profilo misto e, in questo
profilo misto, ci sono alcuni alleli che corrispondono anche a Stasi».
E
dunque?
«Nonostante il DNA sia poco concentrato, quindi di difficile
interpretazione, in realtà non possiamo escludere che in quel campione ci sia
anche il cromosoma Y di Stasi. Se da un lato i cinque parametri sono pochi,
perché in effetti devono essere molti di più per attribuire un cromosoma Y a
qualcuno, lì ci sono alleli di vario tipo e ce ne sono anche molti suoi».
Trattandosi del fidanzato di Chiara Poggi è ovviamente normale che vi possa
essere DNA di Stasi sul corpo della vittima.
«Assolutamente sì. Tra l’altro,
tutti questi DNA sono a bassissima concentrazione dunque non compatibili con
un’aggressione. Tutto potrebbe essere avvenuto da contatto casuale. La presenza
in quel punto del cromosoma Y, essendo Stasi il fidanzato, mi sembra la cosa più
normale del mondo».
Tracce di sangue sulla scena del crimine.L’altro
grande tema è il luogo dove è avvenuto il crimine. Qualora Stati fosse stato il
carnefice, sarebbe quantomeno anomala l’assenza di tracce di sangue sotto le sue
scarpe. Eppure, come sostenuto dalla difesa, il sangue essiccato avrebbe potuto
far sì che non avvenisse l’imbrattamento. Qual è il Suo parere in merito?
«Sono macchie troppe grosse per pensare che possano essersi seccate nel tempo
che lui dice essere trascorso dal momento dell’omicidio, sebbene sussistano
dubbi anche sull’epoca della morte, fino al momento in cui è entrato in casa.
Finché si tratta di macchie piccole posso anche essere d’accordo con la reale
possibilità del mancato imbrattamento delle scarpe; ma lì ci sono grandi pozze
di sangue e Stasi afferma anche di essere sceso di qualche gradino. Escludo che
proprio sui gradini il sangue fosse già essiccato».
Come interpreta
l’affermazione della possibile presenza di sangue mestruale della vittima sul
pedale della famosa bicicletta?
«La presenza [del sangue mestruale, ndr] sui
pedali di una bicicletta davvero mi sembra fuori luogo».
Come mai l’esame
mitocondriale sul bulbo del capello castano non è andato a buon fine?
«Purtroppo le condizioni del capello stesso non hanno permesso un esame in grado
di dare risultati utili. C’è poco da fare».
Sarebbe stato necessario
esaminare determinati reperti all’epoca del fatti…
«È piuttosto
incomprensibile per quale motivo ciò non sia stato fatto. Quella del capello
poteva essere un’analisi in grado di costituire un elemento importante».
Mentre le fotografie dei presunti graffi sul braccio di Stasi hanno troppi
limiti per avere peso processuale…
«Non possono costituire materiale
probatorio essendo foto e dunque sarà difficile poterle usare per dimostrare
l’accusa nei confronti di Stasi».
Qual è la Sua idea in merito alla
ricostruzione dei fatti di Garlasco?
«Non credo fossero più persone
all’interno della villetta. Penso che la vittima sia stata aggredita appena ha
aperto la porta, sempre che la persona non fosse già dentro casa. Chiara Poggi
ha aperto mentre era in pigiama e con l’allarme disinserito, dunque è probabile
che conoscesse molto bene la persona che l’ha aggredita, con la quale aveva una
grande confidenza. Dalle nuove ricostruzioni sembra abbastanza evidente che
Stasi possa essere coinvolto, però è chiaro che serve attendere la fine del
processo per capire l’eventuale livello di coinvolgimento del ragazzo».
Dunque gli elementi raccolti sulla scena del crimine potranno portare ad un
giudizio completo sul caso oppure quest’ultimo è destinato a rimanere fra gli
irrisolti?
«Senz’altro sono davvero tanti i dubbi posti all’attenzione dei
giudici, con decine di perizie al seguito. Certamente le ultime perizie lasciano
un attimo perplessi in quanto sembrano più logiche rispetto alle precedenti, ma
forse non hanno una forza tale da riuscire a rovesciare due gradi di giudizio.
Non dimentichiamo che Stasi è già stato assolto due volte».
Intervista a
cura di Alberto Bonomo